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Sfondata in cantiere

Da qualche tempo, ormai, io e mio marito eravamo impegnati nella costruzione della nuova casa in cui trasferirci. I lavori procedevano bene, l’unico problema era stato con i posatori delle piastrelle, Nicola e Marco, che avevano sbagliato la greca del bagno degli ospiti… dopo aver contrattato in tutta tranquillità, i due (cugini) ci convinsero a non contestar loro il lavoro, accontentandosi di qualche centinaio di euro in meno e promettendo di sistemare i punti “incriminati”.

Né io né mio marito eravamo esperti di case, ma dato che avevo qualche giorno di ferie, mio marito mi pregò di fare di tanto in tanto un salto al cantiere per tenerli d’occhio ed evitare che combinassero altri guai.

La cosa mi seccava abbastanza, perché pensavo di aver di meglio da fare e soprattutto perché i due cugini mi facevano sentire un po’ a disagio: presuntuosi ed orgogliosi, talvolta mi lanciavano delle occhiate che non sapevo bene come interpretare.

Uno di quei pomeriggi, particolarmente caldo e afoso, solo uno dei due era rimasto, mentre l’altro se ne era andato per andare a prendere qualche attrezzo mancante e sarebbe tornato di lì a poco. Il caldo era talmente tanto che andai al primo bar che trovai lì vicino e comprai qualche birra ghiacciata. Tornata in cantiere, mi sorpresi sulla soglia del bagno a fissare Nicola, i suoi gesti esperti e i suoi muscoli guizzanti, coperti di sudore. Quando si accorse della mia presenza si fermò, si deterse la fronte con la mano e si mise a guardarmi con un certo sorriso, mentre lo sguardo scivolava neanche troppo di nascosto lungo la scollatura del mio abitino estivo… Gli porsi goffamente la birra, e nel prenderla lui indugiò un secondo di troppo a sfiorare la mia mano. Con non poca vergogna, sentii le mie mutandine bagnarsi e un rivolo scendere lungo la coscia, e non era sudore. Senza che nemmeno me ne rendessi conto, Nicola mi alzò il mento con le sue mani forti, e sempre guardandomi fisso negli occhi mi disse:

“Questa birra ci voleva… cosa posso fare per ringraziare questa bella ragazza con gli occhi così verdi?”.

Non dissi nulla, ma i miei occhi dovevano aver detto “Scopami”, perché senza il tempo di respirare mi ritrovai la sua lingua in bocca, insistente, golosa, vogliosa. Tentai senza tanta convinzione di divincolarmi, ma la sua mano mi afferrò la figa tra le cosce, talmente grondante di desiderio da non poter fingere.

Mugolavo mentre la sua lingua scendeva lungo il collo e fino ai capezzoli… con una mano mi strizzava i seni, con l’altra mi esplorava la figa con le sue dita sozze e impazienti.

Nell’estasi, non potei fare a meno di notare il rigonfiamento al di sotto dei suoi pantaloni.

“Voglio il tuo cazzo” mi sentii dire. Lui si fermò un attimo, si sbottonò i jeans e dai boxer tirò fuori un bell’uccellone, non lunghissimo ma grosso. Tutte le vene sembravano pulsare, e quella cappella lucida mi fece venire l’acquolina in bocca. Con il suo solito mezzo sorriso mi disse:

“Lo vuoi succhiare?”

“Anche. Ma prima voglio che mi scopi in bocca!”

Per quanto possibile, il suo cazzo sembrò ingrossarsi ancora di più. Mi buttò a terra, fra i calcinacci e le piastrelle rotte, e mi ritrovai seduta a ridosso della vasca. Si posizionò davanti a me, se lo menò platealmente per farmi apprezzare quanto fosse grosso. Aprii la bocca per accoglierlo e me lo infilò fra le labbra senza tanti complimenti.

“Adesso ingoiatelo fino in gola finchè non mi pregherai di fotterti un altro buco!”.

Non era un pompino, mi stava proprio stantuffando, scopando in bocca. Mi sentivo impazzire, soffocare, ed era esattamente ciò che volevo. Mi resi conto che mi stavo masturbando freneticamente, mentre i calcinacci mi sfregavano le cosce e lui cavalcandomi mi sbatteva testa e schiena sul bordo della vasca. Poi rallentai la sua pazza corsa cominciando a sfiorare il suo membro con la lingua. Lui arretrò e mi diedi da fare con gran gusto sulla sua cappella. Con le mani me la sbattevo fra le labbra, poi scendevo e gli succhiavo forte i coglioni, risalivo e me lo ingoiavo tutto di nuovo.

“Santo Dio, spettacolare, aah… cazzo aspetta, non voglio sborrarti subito addosso, sei ancora tutta da scopare… aaahhh…”.

Mi sfilò da dentro il cazzo lucido, mi afferrò per le spalle e mi fece girare. Mi penetrò con estrema facilità, serrandomi i fianchi con le mani e sbattendomi senza pietà. Io mi ero aggrappata con le mani al bordo della vasca, ma i suoi colpi erano così potenti che mi accasciai gridando di piacere.

“Non fermarti non fermarti ti prego non smettere…aaah…aaah… era tutta la vita che speravo di godere così… aaah…”

“Hai la figa più larga e bagnata che abbia mia fottuto, neanche tre cazzi di negri ti sfonderebbero tutta, mia piccola troia, vacca che non sei altro, dimmi un po’, che ne facciamo di questo bel culone soffice?!” e nel mentre mi schiaffeggiava le chiappe, prima una e poi l’altra, continuando a spingermi il suo cazzo oltre l’immaginabile.

Forse percepì la mia tensione e il mio irrigidirmi perché rallento e sussurrò estasiato:

“Non mi dire che… questo bel buchetto non te l’hanno mai scopato? Neanche il tuo maritino?”

“Io non… no”.

“Ma ti piacerebbe, vero? Figurati se a questa baldracca non piacerebbe farsi sfondare il culo! Adesso ci penso io piccolina, ci penso io… Cominceremo pian pianino…”.

“Ti prego, io… ho paura…”. E mentre lo dicevo, mi mancò un battito quando lo vidi afferrare con decisione la cazzuola che aveva lasciato sul bordo vasca. Inorridii e, nello stesso tempo, un’altra ondata di eccitazione mi colse.

Uscì dalla mia vagina, e lo sentii dare dei colpetti sul mio culo con il suo grosso cazzo grondante del mio piacere. Infilò le dita di nuovo dentro la figa, e allo stesso tempo cominciò a passare la punta della lingua sul mio buchetto vergine… lo lavorò a lungo, lo sentii allargarsi leggermente… Poi in un colpo solo, infilò tutta la mano dentro la vagina e con l’altra infilò nel mio culo un bel pezzo di manico della cazzuola!

Urlai di dolore, e sorpresa, e di non so cos’altro... il dolore nel culo si mescolava al piacere indescrivibile della mano che si muoveva dentro la mia figa, e gridavo e piangevo nello stesso tempo, pregandolo di fermarsi e di continuare, di andar via e di fottermi ancora più forte.

E mente io gridavo e lui ansimava dietro di me, ruotando il manico della cazzuola sempre più a fondo nel mio culo, una voce profonda ci sorprese alle nostre spalle.

“Ehi cugino, è così che si usa la cazzuola? Poi per forza ti vengono le piastrelle storte!”

Marco stava sulla soglia, e doveva essere lì da un po’ perché si stava menando con foga un cazzo già duro e ancora più grosso di quello del cugino…

“Beh, il lavoro lo devo finire anch’io, no? Adesso questa tettona ce la fottiamo in due… tanto si vede lontano un chilometro che si farebbe scopare da tutti i cazzi che le capitano a tiro!”

Con due balzi sorpassò il cugino e si mise in piedi dentro la vasca, infilandomi in un colpo solo quell’enorme verga in bocca.

“Ah ah “ rise Nicola dietro “vedrai come te le piace che glielo sbatti in bocca…”

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